Autore: Serafino Murri Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Immagine in copertina: Mario La Carrubba Traduzione: Serafino Murri, Fabiomassimo Lozzi Edizioni EscaMontage Collana: Poesia Anno edizione: 2021 Pagine: 54 EAN: 9788831380140 € 12,00
Invisibile a me stesso è forse lo scritto a cui sono più legato. Per me si tratta, come avrebbe detto Andrej Tarkovskij, di una specie di “tempo scolpito”, di memoria scorporata. In altre parole, dell’unico caso in tutta la mia vita, condizionata dalla mia scrittura “scientifica” di saggista anche in campo letterario, in cui ho sentito di riuscire nell’altrimenti vano intento di eliminare nella scrittura ogni filtro, ogni spiegazione; di parlare a me stesso ad alta voce, e lasciare che gli altri ascoltassero appropriandosene, e dando un senso personale a quanto avevo scritto.
Serafino Murri
Recensione a cura di Sacha Piersanti
A una prima lettura verrebbe da dare l’istintiva definizione di “flusso di coscienza”, ma in realtà siamo di fronte a qualcosa di ben più controllato e strutturato. Qualcosa che non esiterei a definire “piano sequenza”. [ricorda il Gadda di “Come lavoro” e “Il palazzo degli ori”].
La lingua, infatti, che Murri impiega è una lingua estremamente vivida e visiva, registica nel senso anche più tecnico del termine, una lingua (e, soprattutto, un ritmo e un’attenzione ai dettagli) che ha il compito che nel cinema ha la macchina da presa: una lingua che, insomma, prima di dire e di definire, osserva.
Murri “osserva con la lingua che usa” significa che non c’è mai scissione, in questo poemetto, tra ciò che vediamo e ciò che ascoltiamo, leggendo: “Con le véne fuòri dai pólsi || aggrappate a sensazioni ricorrenti / di bevande scadenti e cibo guasto / nei riflussi di desiderio nero / – esistere, resistere, provarci e fottere e / fàrcela, || farcela ancora tra le vecchie mura scrostate / con gli occhi del gatto puntati addosso ancora ancora sopra i letti…” (pp.9-10). Come si vede, forte è l’attenzione, anzi, forse anche, l’istinto – un “attento istinto”, ecco, all’elemento fonetico-simbolico della parola impiegata; elemento fonetico-simbolico che s’incastra perfettamente con quello più descrittivo. Quel che viene fuori, quindi, è che vediamo bene sia “le mura scrostate” e “gli occhi del gatto”, com’è ovvio, sia (cosa invece più preziosa) “le vene…aggrappate”, “il desiderio nero”.
La lingua di Murri, dunque, vede e fa vedere ciò che nomina.
Un elemento, allora, ulteriormente significativo, come si sarà già capito, è la capacità e l’interesse di Murri per l’accostamento tra l’estremamente concreto, percepito con i sensi, e l’impalpabile: gusto dei carciofi/paura (gusto; p.13); motore bus/memoria (udito; p.15).
In questo che chiamiamo “piano sequenza” (o “flusso di sequenza” o, meglio, “piano coscienza”), Murri, ancora una volta dosando bene istinto e attenzione, ispirazione e riscrittura, lavorio, sembra seguire un procedimento tipico che potremmo riassumere in 5 brevi tappe: Osservazione (oggetto/ambiente concreto) 🠖 Notazione personale (senso/pensiero) 🠖 Ritorno al concreto, come per verificare la giustezza della propria “notazione” 🠖 Slancio aneddotico 🠖 Metafora/similitudine che “oggettivizza” la sensazione/il pensiero personale.
Abbiamo parlato di un unico flusso, ma in realtà pare possibile riconoscere nel poemetto almeno due momenti diversi, più un terzo che fa come da cerniera: 1) Piano sequenza con “corpolingua” registico volto all’esterno 🠖 Pg. 25 si apre “momento liturgico” con sorta di apostrofe al padre, nel quale, però, “io” mittente e “tu” destinatario sembrano mescolarsi, confondersi (cfr.pg. 27: “pensa al tuo pensiero”, come a sforzarsi di dare consistenza al “tu”, sfuggendo all’ “io”) 🠖 2) Dopo quel momento, ritorna il “piano sequenza”, ma stavolta il “corpolingua” è proiettato più verso l’interno, è più emotivo.
E la struttura è perfettamente circolare: 1) Eugenio militare tossisce fastidioso: evoca pensieri e immagini; 2) Pensieri e immagini (il “flusso”); 3) Ritorno a Eugenio, con l’io che ricorda certe parole dette sul buio.
Ecco quindi che il flusso registico diviene flusso emotivo che impedisce totalmente di distinguere “filgio” dal “padre”, l’io dall’altro, perché non c’è che unità anche laddove sembra ci sia per sempre frattura: pg. 27 (senza dire parole… fino alla fine della strofa).
Il tutto, ovviamente, con grande presenza dell’Io, che, merito grandissimo, non è mai autoriferito né narciso, ma proprio “regista” (invisibile a me stesso allora significa anche questo: io che sto dietro la macchina da presa=la lingua vedo tutto ma non me).
Nota alla lettura di Claudio Comandini
“ridiscendo stranito dalle braci degli occhi
nello specchio
quel che c’è e pure non vedo
invisibile a me stesso che mi guardo
mentre fuori avverto
scosse di vento sul filo
dei panni stesi, gonfi uccelli senza testa,
nella dolce illusione di non poter fermare
questa slavina inutile di vecchie impressioni”
In versi che si approssimano alla chiusura del poemetto di Serafino Murri, nei quali ricorre la fase da cui è estrapolato il titolo, la figura umana risulta invisibile allo sguardo, mentre la coscienza è del tutto estroflessa negli spazi esterni e nelle sue determinazioni, ordinarie e meno. Ma il ricordo è inarrestabile, e frana nel presente. La memoria, come nota lo stesso autore, è scorporata, la voce parla alta a se stessa eppure scolpisce un tempo disponibile a modellarsi nei vissuti altrui. L’immaginario personale trova il modo di formularsi in elementi di carattere universale. Il movimento cinematografico, le inquadrature e il montaggio attraversi cui giunge a comporsi la vicenda, che espone un lutto, costituiscono l’elemento di continuità di questa opera e la produzione scientifica dell’autore, critico cinematografico di professione. L’acquerello di Mario La Carruba che fornisce la copertina si chiama proprio Lo specchio. Qui ombre antropomorfe sono riflesse e moltiplicate in forme geometriche differenziate, nelle cui sfumature cromatiche c’è la prevalenza del blu, che si addensa nell’altro, mentre strisce di rosso si concentrano nella parte bassa. Un effetto di invisibilità viene a formularsi nelle aree bianche nelle quali vengono a intersecarsi gli angoli nei quali si compone la rappresentazione. La denaturazione dell’ambiente, i tracciamenti cinetici, il visionarismo onirico, il dinamismo delle forme, la penetrazione dello spazio, l’aspetto cinematografico, insomma gli elementi caratteristici che via via sono stati notati dai critici che ne hanno letto l’opera, riescono a fornire un efficace pendant al poemetto, confermando quelle coincidenze in cui Murri vede formularsi il senso delle cose.
Riflessioni e pensieri (per anime di oggi e di ieri) Autore: Manuela Greco Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice, Nadia Puglielli Edizioni EscaMontage Anno edizione: 2020 Pagine: 58 EAN: 9788831380096 € 10,00
Riflessioni di vita quotidiana, un libro adatto a tutti, piccole storie riflesse nella mente della scrittrice, esperienze vissute anche drammatiche ma descritte con leggerezza e ottimismo, la vita va vissuta intensamente, è un grande zaino da aprire nel momento di incertezze, un bagaglio sacro dove l’esperienza abbraccia l’emozione e la fantasia alleggerisce il dolore. Dalla prefazione di Nadia Puglielli
Autore: Alfredo Silvestri Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Fotografia in copertina: Alessandro Gaetano Greyvision Edizioni EscaMontage Collana: Poesia Anno edizione: 2021 Pagine: 66 EAN: 9788831380119 € 12,00
Nella costruzione del verso, vi è insita la personalità e l’esperienza dell’autore che qui nei componimenti della raccolta “Voci di richiamo” assume multidentità, caleidoscopica relazione con i diversi e diversificati “metodi” di essere e fare poesia. […] Anche quando il suo fare poesia ha una lieve predilezione all’ermetismo, risultando per certi Versi ostico, comunque offre un interessante sviluppo che si trova in tutta la raccolta e nel componimento di chiusura, svela il suo “sentire” la poesia: “Fuggo dove non ascolto/che flebile la mia voce/dove una stordente vibrazione/esprime il suo vociare fiera”
“Chiaro inchiostro raccoglie i versi di Massimo Pacetti che esplorano con una panoramica intima: tabù, realtà, compromessi sociali e culturali. Un viaggio poetico in piano sequenza che rispecchia e riflette visioni tra esistenzialismo e beat generation, raggiungendo i diversi confini della propria interpretazione.”
(EscaMontage)
Breve nota biografica
Massimo Pacetti è stato scrittore, poeta, giornalista e fotografo. Impegnato politicamente, ha fondato la rivista della CIA Toscana “Dimensione Agricoltura”. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti letterari e nel 2012 ha vinto il premio di poesia Città di Livorno. , è stato premiato con il 2° posto al premio letterario Luigi Di Liegro ed è stato premiato al Premio letterario Farina
Autore: Lorenzo Poggi Edizioni EscaMontage Anno edizione: 2017 EAN: 9788894108767 € 12,50
Riuscire a far riflettere su concetti complessi mediante pochi versi è il massimo che chiedo alla poesia… In tre versi poter esprimere qualcosa di finito è qualcosa che affascina. Ovviamente per noi europei e italiani è facile e direi “provocatorio” non seguire (dopo averle però affrontate e superate) passivamente le regole rigide dell’Haiku che, pur restando dentro i binari del 5-7-5, si vorrebbe che non servano solo a fotografare poeticamente farfalle e i loro geroglifici in volo, ma anche a cercare cantucci inesplorati in cui fare poesia. Ho poi scoperto altre forme poetiche giapponesi come il Tanka ed il Waka… Bastano cinque versi pur dalle sillabe obbligate (5-7-5-7-7) per aprire orizzonti poetici imprevedibili. Certo l’Haiku e i suoi avi e cugini possono diventare manierismo. La foltissima platea di autori di Haiku sa bene quanto sia facile assemblare tre versi come che sia, ma sa pure quanto poi sia difficile ed insieme esaltante trovare tre versi che fanno poesia.
Autore: Rosario Romeo Curatore: EscaMontage, Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Illustratore: Lucia Ferrara Edizioni EscaMontage Collana: Poesie Anno edizione: 2018 Pagine: 43 EAN: 9788894355659 € 12,00
Versi scritti di getto, provenienti da ispirazioni diverse: un libro letto, un film visto, una notizia ascoltata, un aneddoto appreso, una fantasia improvvisa, un pensiero ricorrente, un’esperienza vissuta. Percorsi (di-versi), amori (di-versi) e racconti (di-versi) si intrecciano tra loro, delineati da un confine solo ideale, a volte sottile e sfumato. Estratto dalla (nota dell’autore)
Autore: Francesca Liani Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Edizioni EscaMontage Anno edizione: 2018 Pagine: 112 EAN: 9788894355628 € 12,00
“La “poesia” di Francesca Liani si connota per una freschezza di “anima” e di parola. I suoi versi a volte cullano, a volte colpiscono, con l’evocazione di immagini conosciute, di sentimenti chiari. Mi piace questo suo “raro” coraggio dell’intelligibilità. Intelligibilità coniugata però con l’originalità degli accostamenti, della costruzione sintattica, di un guizzo inatteso nel senso e perfino nella grafica delle parole”. (Francesca Andreini)
Invito alla lettura a cura di Antonio Spagnuolo:
Francesca Liani : “La metrica del battito” – Ed. Esca Montage – 2018 – pagg. 108 – € 12,00 – Con il sottotitolo “Anima nuda tenemus” lo scorrere dei versi, sorprendentemente dall’eco privata, si scioglie per un “fragile e possente cuore che batte all’impazzata”. La profondità e l’accuratezza di una ricerca, volta alla introspezione di un tempo unico ed universale, rappresenta in queste pagine il motivo dominante che riesce a ricamare il ritmo di un dettato incluso nella sfera della libertà e della sensazioni superiori dello spirito. Versi che hanno il dono della leggibilità, perché improntati alla cristallina musicalità, brevi , pregnanti, carezzevoli in una peculiare mobilità di scrittura, nella quale l’occasione del canto è ricordo, illusione, figure, colori, pensieri “rinchiusi in un batter di ciglia”. Il pulsare cardiaco sostiene “le pieghe del cuscino/ avvinghiato al petto…”, quasi a precisare il tremore della solitudine. “Le parole muoiono in gola/ e il silenzio fa da velo/ ad un corpo nudo/ ramo senza fronde/ mare prosciugato dalla onde”, nella sospensione volutamente lineare di pensiero, illuso di poter ripetere “colori/ che avvolgono le pareti dell’anima”. Poesia corporea , immersa nella incandescenza del desiderio, della cristallizzazione di un sussurro eternamente immaginario.
Autore: Angela Donatelli in copertina disegno di: Angela Donatelli Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Edizioni EscaMontage Anno edizione: 2018 Pagine: 40 EAN: 9788894355604 € 12,00
“Angela Donatelli possiede un’originalità del linguaggio metrico che si estende fino gli aspetti ritmici della prosa, all’interno dei topoi ritratti tra le riflessioni a volte amare di questo (r)esistere, andare, comprendere la peculiarità misterica di un’intera vita. Scaturisce immediatamente un effetto sorprendente che emerge da un ‘immaginario percepire’, frutto di rimemorazioni autobiografiche. Qui i sentimenti sono messi alla prova, smossi per sortire una reazione emotiva nei luoghi ostili della solitudine, nei profondi abissi dell’Io. Il legame intuitivo, intellettivo, colto e audace con la scrittura della poetessa è in grado di animare l’essenza più atavica del nostro essere, riuscendo a scandagliare la bellezza e l’alchimia nascosta nei tormenti celati nel quotidiano.”
Autore: Marzia Badaloni Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice In copertina opera di: Lina Morici Edizioni EscaMontage Collana: Poesie Anno edizione: 2018 Pagine: 40 EAN: 9788894355642 € 12,00
“Torna lei… Poesia Mia amata essenza, torna portando con sé le immagini della veggenza, come le farfalle che si schiudono al dolce tepore del loro tempo. Trasformando l’immaginazione sulle ali dorate e soltanto allora le parole volano sul foglio…” – Marzia Badaloni
Autore: Emiliano Scorsoni Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Opera in copertina di: Mario La Carrubba Edizioni EscaMontage Collana: Poesie Anno edizione: 2018 Pagine: 86 EAN: 9788894355635 € 12,00
Tutta la silloge “Dialettica dell’Immaginario” diviene una panacea per l’anima; la sua scrittura fresca e connaturata, entra in punta di piedi in un dialogo sussurrato con il lettore, al quale apre il suo cuore puro. Una dialettica che parla con i versi dell’immaginario poetico ma che affonda le sue radici in un vissuto di relazioni umane autentiche. (Dalla prefazione di Francesca Micacchi)
Nota dell’autore:
La sezione Amici di Dialettica dell’immaginario è la voglia di far conoscere, promuovere la poesia contemporanea, di avere dei compagni di viaggio in questo percorso difficile e appassionante, l’idea è quella di riempire il mondo di poesia e mi sento molto fortunato di avere molte amiche e amici che condividono con me questa passione.
con i poeti: Roberto Piperno, Giulia Bellavitis, Daniela Cobaich Mascaretti, Angela Ferrara, Lisa Ficara, Fabio Giardinetti, Matteo Giordano, Rosario Napoli, Agostino Peloso, Jane Sibar.
Una riflessione su Dialettica dell’immaginario a cura di Silvia Bove:
Non è sempre detto che l’avanguardia sia la temperatura del mondo. Certo Sandro Penna fu tacciato di antinovecentismo, quando con le sue liriche sfumate, misteriose, decantanti la vita minimale e afferrata dall’invisibilità rappresentò la divaricazione dall’ermetismo, ma è considerato uno dei più grandi poeti del Novecento. Quindi la sua voce è rimasta! Questo per dire che Emiliano Scorzoni nelle sue liriche romantiche dedicate alla visione delle sue innamoranti passeggiate romane, o quelle per il figlio, la compagna o Musa, rende la temperatura pulsante di un’anima calata nel nostro tempo che parla la lingua dei sentimenti. Sembrerebbe quindi che l’apparente semplicità destrutturi il linguaggio destrutturato. Picasso affermò che intercorse una vita, la sua, finchè finalmente riuscì a “dipingere come un bambino”. Restare freschi presso la propria ispirazione è il patrimonio cui attingere. Emiliano Scorzoni è un poeta che esprime chiarezza, e le sue liriche sul senso di abbandono, sulla inquietudine notturna o l’amore per il figlio ne sono epigrafe, testimonianza. Il trasporto per la poesia è totalizzante, fino ad augurarsi di essere inchiostro, “inchiostro io sarei nei pensieri tuoi”. La sua linea è limpida, quella di persona fedele al proprio stile, che si appresta a dichiarare sempre le proprie emozioni, impressioni e attese, viatico di verità.
Autore: Guth Veims Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Opera in copertina: Valerio D’Angelo Edizioni EscaMontage Anno edizione: 2019 Pagine: 80 EAN: 9788894355697 € 12,00
“Il nostro artista che vive / in un mondo di sogni / ma muore in un mondo reale, ama alternare e, accanto al linguaggio ardito e sognante dell’amore, usa un linguaggio più moderno in cui non utilizza la rima e si avvicina anche a brevi componimenti in prosa, insomma a quelle prove tecniche del titolo: spesso si tratta di riflessioni, considerazioni, pensieri, fiabe, ricordi, emozioni. In questo suo esplorare diversi linguaggi troviamo anche una deliziosa lirica in romanesco, dal titolo A tavola: il Poeta cambia così contemporaneamente l’oggetto della poesia che qui è dato da formaggi, prosciutto, salame, carbonara, risotto alla pescatora, abbacchio!” (dalla prefazione a cura di Fausta Genziana Le Piane).
“In caso di apocalisse” Autore: Giulia Bertotto Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice, Claudio Comandini Edizioni EscaMontage Collana: Poesie Anno edizione: 2019 EAN: 9788894355680 € 14,00
«In queste pagine troviamo soprattutto l’idea di una poesia che “non è roba per sentimentali ma per compulsivi”, e non è certo il suicidio lirico a dare soluzione a quanto di irrisolto porta con sé la vita, in un onirismo che resta incerto tra l’essere chi sogna e l’essere chi è sognato, all’interno di una condizione cosmopolita vissuta con leggerezza, nella quale gli estremi appassionano». (dalla prefazione di Claudio Comandini)
Nota dell’autore
Noi viviamo in un epoca di sentimento millenaristico però secolarizzato, ci sentiamo in colpa verso la natura, ma con un sentire ambientalistico, non con un senso del Creato. Viviamo in un tempo di minaccia di estinzione per l’uomo. Ogni giorno sentiamo dire che l’Amazzonia brucia, la plastica penetra nella catena alimentare e soffoca i mari, i ghiacciai si sciolgono e le temperature in aumento causano migrazioni e faranno scoppiare guerre. Chiamiamo quest’era Antropocene, perché l’impatto umano è oggi più massiccio e insieme capillare che mai nella storia del pianeta. E’ qualcosa di spaventoso ma anche affascinante, ne avvertiamo il fermento. Il fermento dell’apocalisse è dato dall’avvicinarsi verso la verità delle cose, più che dal pericolo della loro fine. L’apocalisse è anche la consapevolezza elettrizzante di questo legame essenziale e quantistico tra le creature, che si fa urgente e manifesto al tramonto di un’era.
Quindi “In caso di Apocalisse” raccoglie una rosa di poesie e aforismi che raccontano la fine di diversi mondi. La fine del mondo è sempre relativa a un ecosistema o ad una specie vivente. Ma può essere anche un attacco di panico per chi ne soffre, la scoperta del Bosone di Higgs per la fisica classica, la separazione tra un fungo è un batterio se sei un lichene, è l’ossigeno se sei una creatura anaerobica di 2500 anni fa, è Chernobyl nel 1986, è una capitale da spostare oggi in Indonesia… Ma la fine del mondo non è mai fine della Vita. Eccoci allora alla vera accezione di Apocalisse come “Rivelazione”, apertura del Segreto, che da sempre i filosofi ci ricordano: la sostanza spirituale immutabile, perenne e immortale sotto il mutare delle forme materiali.
Parlo di Apocalissi relative a contesti ambientali e storici, ma anche della serenità imperturbabile se l’apocalisse viene accolta con una concezione filosofica e mistica che si rifà a Bruno, Seneca, Socrate: nessuna fine del mondo è fine della Vita.
Questa raccolta poetica, racconta vissuti ed emozioni personali attraverso il comportamento dei fotoni, dei campi magnetici, di anfibi e insetti, dei fiori di alcune piante, ma non si rifà solo all’“ecologia”, o almeno non è il suo ultimo approdo. Il fatto che gli ecosistemi siano soggetti a ricambio e la vita biologica capace di nuovi adattamenti è solo un primo “strato” del libro, che apre a quella che forse è un’intuizione spirituale: la Vita come essenza pre-cosmica non si può estinguere. Per questo scrivo che la tragedia deve essere uno spauracchio umano, perché nessuna energia può restare in stato di conflitto. Il lieto fine non è una questione di gusti o aspettative, è un’istanza ontologica e metafisica inevitabile.
In caso di Apocalisse, recensione a cura di Maria Giovanna Farina
Giulia Bertotto ha pubblicato il suo primo libro ed è poesia. “In caso di Apocalisse” (ed. EscaMontage) non è una scrittura poetica appresa da altri poeti, ma è la sua personale scrittura poetica filosofica. Con uno stile del tutto personale, originale nei temi trattati e nel modo di “far giocare le parole”, Giulia ha donato ai lettori parole originarie scaturite dall’esperienza e dall’incosciente appartenenza ad un universo che ci contiene ed ha potere su di noi. Non siamo mai identici a noi stessi, siamo in ri-cerca, siamo figli della materia, ma siamo anche altro dalla sola aggregazione di atomi. La Filosofia è maestra? Certamente è madre delle nostre incertezze, ma è anche capace di renderci sempre puri esseri in meraviglia appassionati della nobile cura della nostra origine.
Di seguito una poesia tratta dal libro che mostra il valore della pratica filosofica:
Filosofia in tasca
Filosofia in tasca Ho un’edizione economica in tasca in caso di emergenza leggere Seneca per dubbi dilanianti rivolgersi a Cusano se non mi sento al sicuro ho una maniglia antipanico, si chiama Epicuro. Per ridimensionare un dolore somministrare l’infinito di Bruno
Leggendo i versi della silloge di Giulia Bertotto si nota subito la presenza di sintagmi dilatati in combinazioni lessicali insolite legate da un ritmo stringato e da una valenza semantica non propriamente in sintonia con le scelte della poesia tradizionale, e naturalmente si viene traghettati in campi differenti, che vanno da quello filosofico a quello scientifico e di pari passo a quello dello Spirito, della “creazione”, come lo stesso titolo un po’ ironicamente sintetizza.
Linguaggio interessante, dunque, che costringe ad allargare la visione del lettore attento e preparato a leggere la pagina poetica abituale senza dover necessariamente ricorrere a impennate di arguzia per realizzare un piano di comprensione fuori dalle categorie, eslege, come nel nostro caso.
” Associazione biologica
di un fungo e un batterio
patto simbiotico eterotrofo
mutuo scambio evolutivo
sopravvive solo stando insieme per sempre
Voglio fare lichene con te.”
Le tensioni filosofiche, teologiche, teosofiche, le pulsazioni, le vibrazioni, navigano tranquillamente nei versi di questa scrittura , che galleggia, che va nel profondo, senza mai temere i mulinelli, gli scogli o i richiami ammalianti di Sirene, Naiadi, Driadi e di muse ispiratrici, per affrontare con chiarezza e razionalità, questioni e dogmi religiosi rimasti irrisolti nei millenni, e possibilità di cosmogonie che tengano conto delle immense possibilità dello Pneuma, nel suo” Bereshit”, nel suo “Arche’, senza dicotomie pascenti nel deserto delle idee terrestri, verso un oceano ossimorico, che sovrasti le umani parcellizzazioni, anatomizzazioni.
Ogni cosa ha il suo cominciamento e la sua presenza nel mondo dell’impermanenza, la sua fine e un nuovo cominciamento, nella inevitabile “Entropia” , nell’, “Apocalisse ”
“l’universo come il gatto di Schrodinger
è vivo e morto senza contraddizione
Il cosmo è onda e corpuscolo insieme
assoluto e incarnato senza incoerenza
creaturale e divino
Figlio e Padre in Uno.”
Definire è sempre un “limitare” la natura intrinseca delle cose, il suo evolversi, il suo divenire, come la celebre Paronimia “tradurre, tradire” . La cosa sorprendente di questi versi, di questa precipua raccolta è la meraviglia che cresce pagina dopo pagina, esternata davanti a un micro scenario di elementi naturali che si incrociano nelle scozie più impensabili, sempre inseguenti segrete armonie, segrete sinapsi, nel calderone cosmico delle nude azioni e reazioni, delle ineffabili Mutazioni.
Definire, quindi, questa poesia , solo una mera sommatoria di teorie e considerazioni fisiche, chimiche, naturali, ossia scientifiche, da connettere all’universo delle percezioni, delle sensazioni, delle vibrazioni, delle vie insondabili dello Spirito, sarebbe un’analisi melliflua, superficiale, alla quale non sono abituati i lettori seri, i critici creativi.
Una lingua paratattica, si presenta ai nostri occhi, in cui i segni di interpunzione, le appendici di attributi e aggettivi, la quasi assenza di preposizioni, articoli, e i valori di conoscenza fuori rotta, sono vascelli di una navigazione controcorrente nella “ciurma dei versi” che costellano il racconto umano. ” Nihil sub sole novum? …verrebbe da dire…si… ma noi, intimamente sappiamo che lo” Stupore” è sempre una rivelazione, una presenza gnoseologica, un riconoscere ciò che si conosceva senza riconoscerlo.
Yin, yang, basso, alto, bello, brutto, divino, umano, bene, male, vengono azzerati in” Entropia”, nell’”Apocalisse”, superando ogni antilogia, dogma, con la rivelazione dell’” ossimoro” Pantocratore. In modo eliottiano passato e futuro sono la stessa cosa, coincidono.
“Maria è Figlia e Madre.
Guarda la particella
è Energia e Materia simultaneamente!
Il fisico dichiara” è onda e corpuscolo”
Il mistico esulta “è uomo e
divino, Uno è Trino!”
Uno sguardo attento va rivolto anche alla breve sezione degli aforismi:
Ironici, autoironici, sapienziali, che a volte sfiorano il paradosso, l’iperbole.
Per la loro illuminazione interna, per la loro forza centripeta, per la loro brevità, sembrano dei grappoli sostenuti da un gambo che ha radici nella folgorazione istantanea, come lo Haiku orientale.
” Il quarzo dell’ orologio del
tuo smartphone proviene
dalla sabbia.
È ancora una clessidra.”
” Contratto o no la Via lattea
si espanderà lo stesso.”
“Per le stelle in declino.
Anche se qui governa
Entropia, tutti i buchi neri
sono risorti rovesciati
Che scintillano altrove.”
Come si può facilmente notare, queste espressioni, apparentemente aritmiche, si avvicendano senza cercare grandi spazi compositivi, ma il fulcro, l’essenza della significazione, il ristoro dell’Oasi, e hanno in sé il seme della visione.
Giulia Bertotto non fugge la realtà, ma la affronta in tutte le sue diramazioni e sfaccettature, anche quando il sentiero diventa sempre più duro, più irto e impraticabile, evitando i quotidiani topoi, il pensiero inscatolato,i comportamenti omologati, mirando dritto verso la condizione di Entelechia, verso un Dove che includa Creatore e creazione in perfetta sintonia, in continuo dialogo, Inserendosi nel Tutto senza scalfire Niente, come semplice particella, come un umile lichene, come un estremofilo che succhia la sua linfa per una esistenza stoica, anche da una una sterile mammella.
Basta spostare il proprio punto di vista, saper essere piede dentro e fuori della danza, come scriveva Yeats, saper guardare le cose che ci circondano, guardare noi stessi, da angolazioni diverse, per rendersi conto che la realtà non è la Verità.
” Notizie dallo spazio
si cercano sottoterra.
Un tratto dello stomaco
si chiama digiuno
gatti siamesi nati al freddo
hanno zampe più scure
ma quando mi sogno
Io delle due
quale sono?
I componimenti dedicati a luoghi, o a persone o la poesia Mater (ia), che può essere, Madre, Materia, Matera, non cadono mai nella retorica, propria del genere, ma anche con il mezzo ironico cercano di schiaffeggiare lo stato apparentemente inerte di cose e ricordi appesi all’uncinetto della memoria.
La continua immersione nella natura e il continuo innalzarsi verso lo spirito, creano atmosfere tangibili- intangibili, che saziano la curiosità del lettore che cerca la Bellezza, la Verità, la Conoscenza.
“Beauty is truth, truth beauty“, recita il famoso assioma keatsiano che chiude l’irripetibile ” Ode on a Grecian urn”.
L’autrice di “In caso di apocalisse, si interroga, si sorprende, si stupisce, nell’osservare le piccole storie quotidiane, le catastrofi nucleari provocate dall’uomo, che generano ibridi,distruzioni, mostri, tutte le dinamiche incomprensibili, imponderabili, che regolano la vita dell’universo, e trasmette continuamente agli altri quest’ Umo Altro, con delle chiose veramente incredibili, altamente ironiche, degne della poetessa polacca Szymborska, come nella breve poesia “Chernobyl” :
” Un agnello a sei zampe
Un asino a due facce
Una rondine senza coda…
E fa ancora primavera “.
Citazioni a parte, di alcuni grandi poeti, non è facile trovare ascendenze a temperie letterarie, influenze evidenti, che caratterizzano il Fare Poetico di Giulia Bertotto, che in questo suo primo libro già dispone di ottimi mezzi per fare poesia, procedendo sempre” Motu Proprio” nelle opache viscere, attraverso orli di luce, sino a sistemi complessi che necessitano di una sintesi semplice, per essere compresi.
Profondità di pensiero, di meditazione, presenza di branche varie dello scibile umano, icasticita’ compositiva, associazioni di realtà terrene e metafisiche, venature carsiche di ironia e autoironia, scorrono negli ipogei e nelle superfici della silloge, dandole il valore originale che merita. In modo analogo espresso nella” Canzone sulla fine del mondo”, di Czeslaw Milosz, Giulia Bertotto, conclude la sua fresca navigazione nella ciurma dei versi”, così scrivendo nel distico finale che dà il titolo all’opera:
La poesia è noiosa?Macchè: quella di Giulia Bertotto è ecologica, sostenibile. E imprevedibile. Il suo “In Caso di Apocalisse” parla di licheni, pomodoro& basilico, panneli solari e bici coi freni al carbonio. E ridimensiona le nostre paure con la semplicità. Un piccolo caso editoriale che ha riscosso consensi presso le manifestazioni di settore ed è stato recensito da Maria Giovanna Farina. Prossimo appuntamento il 4 e 5 ottobre al Festival Cinema&Libri -Il Cartoceto.
A pochi mesi dal debutto il tuo libro ha attirato l’attenzione di lettori e addetti ai lavori. Il segreto?
Sono di quelle persone che in pizzeria scrivono sulla tovaglia di carta per non disperdere le emozioni. Non ho mai appuntato frasi pensando a una raccolta, ma attraverso la collaborazione con varie realtà culturali ho destato l’interesse di una piccola casa editrice indipendente, la Escamontage di Iolanda la Carrubba, che ha stampato il mio primo libro.
Cosa c’entrano gli scarabei e il pomodoro col basilico con la poesia?
Dal 5G alle conseguenze di Chernobyl, si sono modernizzate anche le nostre paure. Ogni Apocalisse implica nuovi sistemi di adattamento: oltre a spaventarci possiamo imparare a trovare soluzioni dalla natura. Anche l’arte della sopravvivenza: lo scarabeo del deserto non ha nulla intorno a sé, così raccoglie in volo microscopiche particelle di acqua e si disseta facendole scivolare dal dorso alla bocca. I miei versi sono ispirati, tra l’altro, alla botanica, alla mineralogia, alla zoologia applicate alla quotidianità, della quale fanno parte anche cose semplici e concrete come il pomodoro e basilico: il cibo è testimonianza di vita, di gioia. E di amore.
“In caso di Apocalisse” mi ha lasciato un senso di fine del mondo, anche se parla in tanti modi di creazione e vita, anzi ne genera così tanta (di vita fragile) in quelle pagine, che il mio primo pensiero è l’apprensione per la fine. Tutti quegli elementi in equilibrio che svolgono la propria funzione, quei fotoni, le particelle, i siamesi infreddoliti dalle zampe scure, il quarzo degli smartphone e gli stercorari, hanno qualcosa di ieratico e inquietante che tiene l’esistenza sull’orlo dell’apocalisse. Mi è piaciuto il suo sguardo che oscilla in continuazione tra il micro e il macro, tra il suo io e gli anelli di saturno. I versi secchi e mai superflui. L’ho trovato profondamente organico e non una raccolta di parole che ogni tanto vanno a capo. C’è un’unica grande idea e si sente che l’autrice voleva comunicarla.
I fatti capitali, intervista a Giulia Bertotto
di @GuidaLor
“In caso di Apocalisse” di Giulia Bertotto, (edizioni Escamontage 2019) raccoglie 30 poesie e 15 aforismi che raccontano la fine di diversi mondi. Secondo l’autrice, filosofa e giornalista, “la fine del mondo” è sempre relativa a un ecosistema o a una specie vivente. È un attacco di panico per chi ne soffre, è la scoperta del Bosone di Higgs per la fisica classica, è la separazione tra un fungo e un batterio se sei un lichene, è l’ossigeno per una creatura anaerobica 2500 anni fa-
Lo spillover (salto o traboccamento) di un virus da una specie all’altra… Ma la fine del mondo non è mai fine della Vita. Eccoci allora alla vera accezione di Apocalisse, intesa come “rivelazione”, apertura del segreto immortale: la sostanza spirituale immutabile, perenne e immortale sotto il mutare delle forme materiali.
Giulia, quali sono le tue apocalissi?
“Parlo di Apocalissi di contesti ambientali e storici, ad esempio l’incendio di Notre Dame, o di quando mi hanno rubato la bici dei miei sogni: un episodio comune ma che insegna la vacuità delle cose e del possesso. Le apocalissi sono le distruzioni, l’Apocalisse è la serenità imperturbabile se viene accolta con questa concezione filosofica e mistica: nessuna fine del mondo è fine della Vita. Vorrei chiarire che questa raccolta poetica non parla di ecologia, o almeno non è il suo ultimo approdo. Il fatto che gli ecosistemi siano soggetti a ricambio e la vita biologica capace di nuovi adattamenti è solo un primo strato del libro, che apre a quella che è un’intuizione spirituale e un insegnamento universale: la Vita come essenza pre-cosmica non si può estinguere”.
Sull’immagine in copertina cosa puoi dirmi? Perchè il lichene, una creatura eterotrofa che per sopravvivere ha attuato la strategia della simbiosi, con un patto evolutivo tra un fungo e un batterio.
L’ho scelta perché in questa raccolta metaforizzo molto i vissuti emotivi e psichici attraverso le scienze, la fisica, la zoologia, la botanica, la biologia…questa creatura metforizza la simbiosi dell’amore materno e della passione nell’innamoramento.
E poi perché ha l’aspetto di una forma di vita apocalittica cioè che sembra iniziale o finale, che appare così fluida, ancora in costruzione o in dissoluzione rispetto alla nostra anatomia di mammiferi. Infatti appena la sia guarda non è chiaro se siano cellule che si sdoppiano quando si forma un embrione o se si tratta di un reduce da una catastrofe”.
Le tue poesie sono brevi, come uno scatto di fotografia in qualche modo…
“Nonostante la mia formazione filosofica, che può far pensare ad una scrittura argomentata, le mie poesie sono come un temporale: le sento come dei tuoni, le scrivo in un lampo. Credo che la poesia colga delle essenze, come fa la filosofia. Non esalto infatti l’idea moderna del dubbio filosofico, credo che la filosofia sia più cogliere radici ontologiche”
Perché sarebbero attuali?
“Noi viviamo in un epoca di sentimento millenaristico però secolarizzato, ci sentiamo in colpa per l’ambiente ma in senso ecologico e ambientalistico non con un senso del Creato. Viviamo in un tempo di minaccia apocalittica per l’uomo. Ogni giorno sentiamo dire che l’Amazzonia brucia, la plastica penetra nella catena alimentare e soffoca i mari, i ghiacciai si sciolgono e le temperature in aumento causano migrazioni e faranno scoppiare guerre. E’ qualcosa di spaventoso ma anche affascinante, ne avvertiamo il fermento. Il fermento dell’apocalisse è dato dall’avvicinarsi verso la verità delle cose più che dalla paura della loro fine”.
Lo scrittore e poeta Biagio Propato descrive così la sua poetica “Combinazioni lessicali insolite, non propriamente in sintonia con la poesia tradizionale” mentre la filosofa e scrittrice Maria Giovanna Farina ha detto “Non è una scrittura appresa da altri poeti ma una personale scrittura poetico-filosofica”.
Sui contenuti Propato: “L’autrice di In caso di apocalisse, si interroga, si sorprende, si stupisce, nell’osservare le piccole storie quotidiane, le catastrofi nucleari provocate dall’uomo, che generano ibridi, distruzioni, mostri, tutte le dinamiche incomprensibili, imponderabili, che regolano la vita dell’universo, e trasmette continuamente agli altri questo stupore con delle chiose veramente incredibili, altamente ironiche, degne della poetessa polacca Szymborska, come nella breve poesia ‘Chernobyl’”
Riflessioni libere dopo la lettura di In caso di Apocalisse di Giuseppe Spinillo
In caso di apocalisse rompere il vetro. Questo è in realtà il senso del fare poesia, l’ultimo elemento di resistenza della vita. E la vita va un attimo oltre. Verso altri tempi e dimensioni. Così non mi stupisce più di tanto trovare nelle parole della prima poesia della raccolta di Giulia Bertotto un per sempre – ” sopravvive stando insieme per sempre” – e nelle ultime la parola eterna – “la vita è eterna lo stesso”. Tutti i versi di “In caso di apocalisse” stanno tra un per sempre e un’eterna. Ma allora la poesia che ci fa in questo mondo, di questo mondo? Questo libro era predisposto “In caso di apocalisse”. Se potevamo avere qualche dubbio all’uscita nel 2019, ora in pieno 2021 non possiamo più ipotizzare il dubbio. Dobbiamo rompere il vetro della poesia e farla sortire, mandandola a contaminarsi col reale. E questo libro è dedicato a “quei batteri che hanno imparato a sintetizzare la plastica”. Tutto è tutto, nello stesso istante, e Giulia usa tutti gli strumenti che ha a disposizione in questo prendere atto dell’ora e del poi, verso cui. A chi si rivolge non so, forse a se stessa, ma poco importa, come poco importa la soluzione finale, che non sta sicuramente in calce al libro. In realtà non vado oltre nel tentare di fare mia una ragione. Occorre entrare nei suoni delle parole, nelle percezioni corporali, nella fisicità del poetare. Niente da spiegare, bisogna solo toccare e farsi toccare. La ragione ha dei varchi che la traversano. Il momento in cui il camaleonte cambia colore, é quello in cui le parole su cui si poggia gli fanno cambiare direzione. La vita, sì, ecco, é la vita, oltre “ogni posticcia frontiera sciolta tra le dita”…
Roma nostra Autore: Lorenzo Poggi Curatore: Iolanda La Carrubba, Valerio Di Gianfelice Illustratore: Fernando Della Posta Edizioni EscaMontage Anno edizione: 2020 Pagine: 92 EAN: 9788831380072 € 12,00
Un elemento che cerco di evidenziare con i miei versi è la vena ironica e a volte perfida della poesia romana. È lo stereotipo del romano simpatico e burlone, dalla battuta pronta, di quello che ne ha viste troppe per farsi buggerare, di quello anche perfido e cattivo perché di angherie ne ha subite troppe nei secoli. La raccolta comprende quasi tutte le mie poesie in dialetto scritte nell’arco d’un decennio. È un piccolo contributo ad una materia sempre viva e vivace e non vuole che sia visto come elemento di rottura della tradizione consolidata, ma come elemento di discussione. (dalla nota dell’autore)
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.